SANTUARIO DI SAN FRANCESCO DI PAOLA



La verità, il professore, Dio

Era andato lì per pregare. Gli piaceva pregare, anche se in un certo qual modo lo metteva sempre a disagio per tutto ciò che era successo. La pace che gli dava il Santuario di San Francesco di Paola leniva, non di poco, quella ferita d’ingiustizia subita che lo lacerava da tempo immemore. La lunga camminata che separava l’inizio della struttura dal portone d’ingresso la dedicava al ricordo del suo amico, quell’eremita un po’ mistico, un po’ mago, molto santo. Quante ne avevano vissute insieme. La storia del ponte poi… per come era andata e per come era stata raccontata nei secoli a venire, suscitava in lui il barlume di un sorriso. Era seduto in uno degli ultimi banchi laterali, con le mani giunte in preghiera, mentre cercava, ancora una volta, l’ennesima, di ritrovare la voce del suo Dio, perduta da un tempo così lontano che neppure più lui stesso, colui che era stato un uomo e ora non lo era più, osasse ricordare. Mentre levava, in un sussurro tra evocazione, implorazione e disperazione, la sua voce silenziosa, si affiancò a lui un uomo di giovane età. Era molto alto, quasi come se fosse stato disegnato fuori scala rispetto alla misura della realtà. Magro, custode della fame di chi non ha tempo per mangiare o se ne dimentica. Incurvito dal peso del suo essere, con delle braccia lunghissime, stringeva al petto una borsa di stoffa, di quelle che regalano le stazioni di rifornimento a chi svuota un barile interno di benzina nel serbatoio della propria macchina. Era spaventato. Bianco il volto, rigato da sudori freddi, terrorizzati gli occhi, ma coraggioso lo sguardo come quello di colui che deve saltare da un precipizio e sa che non si può tirare indietro senza perdere qualcosa di importante. Ci vollero 12 minuti e 24 secondi prima che il gigante scheletrico osasse rivolgere la parola al suo compagno di banco. “Mi perdoni… Non vorrei offenderla. Non mi prenda per pazzo. Non lo sono. Devo farle una domanda”. Una domanda… L’uomo con troppo passato sospirò. Doveva succedere prima o poi. Succedeva sempre, in fondo, che qualcuno gli ponesse una domanda. La domanda. Era curioso di sapere in quale forma sarebbe giunta questa volta. “Vede… Volevo chiederle…Lei… …É il Diavolo?” “Il diavolo? – Pensò il vecchio – Ecco, questa è nuova…”. Forse la giornata sarebbe stata meno noiosa del solito… “Giovanotto… Mi perdoni, ma sei io fossi il diavolo, lei starebbe correndo un pericolo immenso. Ogni mia parola potrebbe corromperla, costringerla a fare a sé stesso e ad altri, magari ai suoi cari, cose indicibili. Chi è lei e che forma di pazzia simulata da coraggio l’accompagna per sedersi qui, al fianco di qualcuno che ipotizza possa essere il diavolo, per chiedergli conto della sua identità? E poi, quale diavolo sarei secondo lei? I diavoli sono legione. E comunque, no. Non sono il diavolo. Sono solo un povero vecchio. Lei, invece, mio stolto ragazzo, chi è?” “Mi chiamo Gabriele Lontra. Sono uno studioso di storia. Insegno Storia Medievale ad Oxford. E lei forse non sarà il diavolo ma sicuramente non è umano. È alieno?” “Prima il diavolo, poi un alieno… Senta, ma lei è qui solo? O c’è qualcuno che si prende cura di lei? Perché è evidente che non è lucido”. “Ascolti, non sono pazzo. Lei… o qualcuno di simile a lei, visita questo e altri luoghi della Calabria da molto tempo. Anni. Secoli. Ne ho le prove. Guardi. Questa è un’incisione del XVI secolo di scuola fiamminga che ritrae dei viandanti che si recano a Paola sui passi di San Francesco. Questo è identico a lei. E poi guardi la riproduzione di questo dagherrotipo di fine ‘800. Questo è lei nei pressi del Castello Svevo di Cosenza. Questa foto del 1930 scattata a San Giovanni in Fiore. Questo tizio che carca di nascondere il volto. Non è lei? Guardi. Guardi, la prego. Ci sono dei racconti, di tradizione orale, delle leggende che narrano di un diavolo viandante, che cerca vendetta o pace, a seconda delle versioni della storia, vagando per la Calabria. Il mio professore passò decenni a cercare di provare la sua esistenza. Si dice che questo diavolo conobbe sia San Francesco da Paola che Gioacchino da Fiore. Che abbia assistito alla costruzione di alcuni dei principali luoghi di culto o di cultura calabrese. È lei vero? Come ha fatto a vivere tutti questi anni? Chi è lei, se non il diavolo? Un angelo? L’ebreo errante? Un vampiro?” Il vecchio trasse un respiro. Era capitato già qualche altra volta che qualcuno lo riconoscesse, accorgendosi del suo non invecchiare. Per questo motivo aveva deciso di far trascorrere un secolo tra una visita e l’altra nello stesso luogo. Ma anche questo sistema, alla fine, aveva fallito. “Tra l’alieno, il diavolo e il vampiro non saprei quale scegliere giovanotto. Non appartengo a nessuna di queste categorie. Mentre tu, giovane studioso, rientri sicuramente in quella in cui ti ho incasellato all’inizio di questa chiacchierata. Sei un pazzo. Non perché tu ti stia sbagliando su di me, ma perché sei ossessionato dalla ricerca di una verità che non potrai accettare. Chissà quanto tempo hai passato qui, nella speranza che io apparissi… Chissà quanto hai sacrificato. Forse meriti una risposta. Forse troverai un po’ di pace. Si, sono io colui di cui parlano i racconti. Sono io nell’incisione, mentre non avevo mai visto quel dagherrotipo. Lo deve avere realizzato un mio vecchio amico francese. E sì… ho conosciuto sia Gioacchino che Francesco, così come ho assistito alla posa della prima pietra di molti edifici che tu definiresti antichi. Ma non sono né un diavolo, né un alieno, né un vampiro, o qualsiasi altra sciocchezza possa venirti in mente”. “Chi è lei, dunque? Cosa è?” chiese quasi in lacrime il professore di Oxford, nella consapevolezza che non era mai stato così vicino ad una di quelle verità che cambiano tutto ciò che sai sul reale. “Io sono la Coerenza di Dio, cacciato dal divino per amore dell’uomo”. “La coerenza di Dio? Ma che significa?” “Vediamo se riesco a spiegartelo in temini che tu possa capire. Hai presente la Genesi 1,26? <>. Ecco, non è solo un modo di dire. L’uomo è fatto ad immagine di Dio, in tutti i suoi aspetti. Anche nella coerenza. Io ero la coerenza di Dio. Ma la Coerenza è il pregio degli sciocchi e Dio non è uno sciocco. Anzi. Quando ha deciso di cambiare atteggiamento nei confronti degli uomini, passando dall’essere il Dio del vecchio testamento, il Dio di Sodoma e Gomorra, il Dio delle sette piaghe d’Egitto, il Dio che tramutava donne in statue di sale, al Dio del Nuovo Testamento, della nuova alleanza, al Dio d’amore che manda il proprio figlio a morire sulla terra per riscattare i peccati degli uomini, per dare un esempio diceva lui, io mi sono fatto sentire. Non mi sono ribellato, sia chiaro. Non sono mica Lucifero e non ero qualcosa di estraneo a lui. Ero una parte dell’infinto che non ha parti. Il cambiamento è parte di ogni essere, anche dell’essere supremo, ed io ero meno importante dell’Amore che lui provava per le sue creature. Così mi ha detto “Non capisci. Scendi in mezzo a loro. Conoscili. Fatti uomo e comprendili. E capirai”. Per quanto tempo? gli chiesi, ma non mi rispose. Così mi fece uomo, e mi mandò in mezzo a voi. Vissi una vita lunga, e conobbi gli uomini. E capii. Capii che per amore dei propri figli anche chi è tutto può diventare un tutto diverso. Lo capii in punto di morte, circondato dai miei figli, dai nipoti e da chi avevo amato. Quando mi spensi mi ritrovai nuovamente di fronte a lui. Parlammo a lungo ma era evidente che ora aveva un’altra coerenza, diversa da me. Dio è tutto, e non può essere privo di qualcosa. Qual era il mio posto, dunque, ora che era chiaro che Eternità ed Immutabilità sono due concetti diversi? Mentre lo imploravo di aiutarmi a capire mi rispose alla domanda che gli avevo fatto quando mi mandò in mezzo a voi. Per quanto tempo dovrò restare tra gli uomini... “Per sempre” mi disse. Da allora non ho sentito più la sua voce. Sono passate ere, migliaia di anni. Io che ero nel divino e del divino sono diventato un uomo che non è più uomo, perché non ho saputo capire ciò di cui ero parte. Sono maledetto? Forse. Mi manca il mio Dio? In parte. Mi ha scacciato da lui ma mi ha permesso di vivere nella parte di sé stesso che lui ama di più, cioè in mezzo a tutti voi. Mi pento di non aver compreso per tempo? Non lo so. Io sono la Coerenza. Ma so che chi è coerente sa che solo gli stupidi non cambiano mai idea. Una cosa è certa. Capisco il suo amore per voi. Siete incredibili. Quello che fate, quello che costruite, quello che create. Questa strana cosa che chiamate “Arte”… Ci rivedo lui. Ma queste sono le chiacchiere di un vecchio, che ora ha voglia di andare a fare una passeggiata e ti deve salutare, caro professore. Ci rivedremo, però. Sono sicuro che hai tante cose da chiedermi e tante da raccontare su di me. Ma adesso è l’ora della mia passeggiata. Sai, mi piace essere fedele, coerente se vuoi, con il mio programma giornaliero”. Colui che fu la Coerenza di Dio si alzò e uscì dalla basilica. Il professore Lontra non ebbe la forza, o la prontezza, di dire una parola. Infondo non capita tutti i giorni di incontrare una parte di Dio ripudiata da Dio stesso. Rimase in silenzio, seduto dov’era, a lungo, prima di trovare la forza di tornare a casa. Anni dopo incontrò di nuovo quella creatura che appariva come uno strano vecchietto. Solo allora, vedendolo identico nonostante il passare degli anni, si convinse che non gli aveva mentito. Potette così morire sereno. Almeno per un po’. Ma questa, è un’altra storia.

Andrea Mazzotta
Ottobre 2023